Catene di fornitura sempre più corte. È questo senza dubbio uno degli impatti più significativi che
l’additive manufacturing, grazie anche alla rapida evoluzione delle tecnologie di stampa 3D, sta
generando nei contesti produttivi.
Alcuni vantaggi evidenti li abbiamo già ricordati in altri articoli: migliore time-to market, flessibilità
nell’adattare in velocità la produzione alle richieste dei clienti, attenzione alla sostenibilità grazie
alla riduzione degli sprechi.
Quello che è interessante è che questa rivoluzione produttiva ha un’incidenza sempre più evidente
sulle catene logistiche. Sempre meno materiali si spostano da un punto della filiera ad un altro.
Sono i bit che circolano. I prodotti, grazie al 3D printing, possono essere realizzati direttamente sui
luoghi più indicati. Piccoli ordini on demand su misura, in alcune situazioni, possono sostituire
catene lunghe che prevedono fasi di progettazione-produzione-distribuzione difficilmente sensibili
alle richieste di flessibilità dei mercati finali. Senza contare il grande beneficio per i clienti di poter
diventare co-creatori dei prodotti, customizzandoli direttamente on site secondo le specifiche
necessità.
Velocità, flessibilità, sostenibilità e capacità di personalizzazione sono concetti molto ben presenti
quando un’impresa valuta la propria capacità competitiva. Che l’additive manufacturing sia
abilitante in questa direzione è confermato dalla crescita sensibile di attenzione verso le
tecnologie di stampa 3D.
La conferma arriva dal report “Digital Manufacturing”, commissionato a SmeMedia/Research da HP.
Condotto nel corso dell’estate 2020 su un campione di 2.175 decision maker dei settori printing
e digital manufacturing di tutto il mondo, Europa compresa, lo studio dimostra l’impegno delle aziende
in questo settore: considerando i 12 mesi successivi all’indagine, il 71% dei decision maker
ha confermato di voler investire in tecnologie di digital manufacturing e l’85% ha indicato che
l’azienda di appartenenza vorrebbe incrementare le risorse dedicate nel comparto.
La ricerca ha inoltre evidenziato l’alta consapevolezza di come la tecnologia 3D printing sia una
leva decisiva per ripensare alla propria supply chain. Nove intervistati su dieci hanno dichiarato di
essere in fase di analisi per la ricerca di nuovi modelli di produzione/distribuzione, con il 59% che
valuta i modelli ibridi e il 52% che considera la produzione localizzata.
Forte risulta infine la richiesta di politiche di sostegno affinché si creino le condizioni per la
diffusione delle tecnologie di digital manufacturing. Avendo un impatto positivo dal punto di vista
delle capacità prestazionali d’impresa e della sostenibilità ambientale, l’88% degli intervistati
sottolinea come anche la sfera pubblica debba supportare questa evoluzione con risorse finanziare
ad hoc o agevolazioni. Quest’ultima posizione espressa dagli intervistati pare ragionevole.
L’utilizzo diffuso dell’additive manufacturing pare infatti un caso virtuoso in cui tutto l’eco-sistema
produttivo ci guadagna: i produttori delle tecnologie, le imprese utilizzatrici, la competitività
complessiva del Sistema Paese e la sostenibilità ambientale. Meglio di così…