Un salto molto significativo in soli due anni. Stiamo parlando delle competenze digitali che dal 2018 al 2020 sono passate dal 36% al 60% nelle grandi organizzazioni. A rilevarlo è il report di Capgemini dal titolo “Digital Mastery 2020: How organizations have progressed in their digital transformations over the past two years”.
Un progresso spinto naturalmente dalla pandemia che ha scompaginato le agende delle priorità aziendali, rendendo le attività connesse alla transizione digitale una necessità cogente.
L’incremento del tasso di competenze digitali si è distribuito in tutti i settori, in primis nel Retail che con il 73% delle organizzazioni che dichiara di possedere gli skill per lo sviluppo di un percorso di trasformazione digitale. Solo nel 2018 le aziende di questo comparto confidenti nelle proprie abilità digitali erano appena il 37%. In termini di maggiore crescita, si distingue invece il settore Automotive, passato nei due anni in questione dal 32% al 69%.
Buone notizie dunque. Non esattamente o, almeno, non completamente. Esistono una serie di aspetti migliorabili che il Report sottolinea. Innanzitutto, si allarga il gap tra le grandi aziende (i cosiddetti Digital Master, secondo la classificazione di Capgemini) e quelle più piccole. Una storia antica che si ripete. Le ragioni sono complesse e coinvolgono le dimensioni finanziarie, organizzative e culturali delle imprese.
Interessanti le considerazione del Report che riguardano l’approccio culturale registrato nelle imprese oggetto dell’analisi. Se infatti il capitale umano viene oggi generalmente coinvolto nei processi di trasformazione digitale, permane una difficoltà, in particolare nelle imprese di dimensioni più ridotte, nell’investire nella costruzione di soft skill come intelligenza emotiva, adattabilità e collaborazione. Questi attributi sono basilari quando si tratta di gestire un percorso di cambiamento organizzativo che, peraltro, si stima diverrà una condizione permanente delle imprese.
Altro elemento da migliorare per accelerare ulteriormente nel percorso di trasformazione digitale è la rilevanza che viene attribuito alla sostenibilità, o meglio alla correlazione tra il processo di innovazione digitale e il suo impatto in termini ambientali e sociali. Questo fattore sta assumendo sempre più centralità, non solo per i consumatori che orientano sempre più le scelte su aziende sostenibili, ma anche l’attrazione di nuovi talenti da parte delle organizzazioni. Secondo il report di Capgemini meno della metà delle imprese consultate (45%) sta accelerando gli investimenti, i progetti e l’impegno verso la sostenibilità.
Per proseguire il cammino verso un’efficace digitalizzazione, l’analisi suggerisce di orientare le strategie aziendali tenendo conto di quattro direttrici:
- Ripensare i criteri di employee experience; vale a dire rivedere strategie, modalità e prassi relazionali tra i dipendenti e organizzazione in modo da creare valore lungo tutto il percorso di presenza della risorsa all’interno dell’azienda, dalla fase di attrazione del talento (employer branding) alla cura del rapporto tra risorsa e ambiente organizzativo, compreso quello digitale
- Incorporare il concetto di sostenibilità nel DNA strategico dell’impresa e farne motore delle azioni di business
- Fare sempre più affidamento sulla valorizzazione dei dati, trasformandosi in una “data-powered enterprise”, per prendere corrette decisioni di business
- Rendere strutturali i nuovi modelli di business e le azioni evolute di ingaggio dei clienti che si sono dimostrate vincenti
Le quattro direttrici segnalate sono un chiaro indicatore che il percorso verso la digitalizzazione coinvolge profondamente gli asset aziendali e implica una continua analisi e revisione del proprio modello valoriale e organizzativo. Mettersi continuamente in discussione è la parola d’ordine che ci accompagnerà da qui in avanti.