Reattivo, preventivo o predittivo. Questi sono i tre approcci che si possono adottare nelle operazioni di manutenzione delle macchine all’interno delle industrie.
Tre modalità di intervento che possono essere considerate anche in relazione a una scala di “rischio”. È evidente, infatti, che la modalità reattiva sarà quella più critica poiché avviene dopo che si è verificato il guasto. Ciò significa fermi di produzione, con eventuali ripercussioni su altre componenti, quando non sulla sicurezza stessa dell’ambiente di lavoro. Con l’approccio preventivo il discorso migliora parecchio visto che gli interventi sono pianificati con regolarità nel tempo, anticipando così potenziali malfunzionamenti. Esiste però un limite. Agendo in considerazione di soglie temporali o di numero di cicli di produzione prestabilito può avvenire che si sostituiscano parti ancora perfettamente funzionanti o che si fermi l’operatività senza un effettivo bisogno. Ed ecco che entra in campo la manutenzione predittiva che consente di superare le criticità dei primi due approcci.
Ma di che si tratta? La predictive maintenance si basa sull’individuazione anticipata delle criticità (deterioramento, malfunzionamento o guasto) delle macchine basata sui dati che le stesse producono nel corso del loro funzionamento reale. Sarà dunque immediato capire il momento esatto nel quale intervenire, evitando dannosi fermi di produzione o costose manutenzioni programmate non necessarie.
In un contesto produttivo 4.0 dove le macchine sono sempre più connesse e intelligenti (quindi in grado di fornire e leggere informazioni), non sorprende che la manutenzione predittiva si stia affermando come il modello di riferimento in ambito industriale.
A confermarlo un’indagine commissionata da Reichelt Elektronik, distributore europeo online di elettronica e tecnologie IT, all’istituto di ricerca OnePoll. Dallo studio emerge che “il 92% delle aziende italiane si avvale di sistemi di manutenzione predittiva e più della metà (51%) possiede funzionalità di manutenzione predittiva sulla maggior parte delle macchine in dotazione. La manutenzione predittiva è utilizzata principalmente per la valutazione di temperatura (57%), velocità (48%), rumori e segnali audio (47%), funzionamento e tempo di esecuzione (45%), pressione (43%), vibrazioni (35%)”.
Il successo dell’approccio predittivo è facilmente spiegato: comporta numerosi vantaggi. In primo luogo, una maggiore efficienza poiché si evitano i fermi macchina con eventuali perdite di produzione. Alla riduzione dei costi legata all’ottimizzazione della filiera, si abbinano poi significativi risparmi connessi alla riduzione nella sostituzione dei componenti e all’incremento dell’efficienza dei manutentori che possono operare in modo più tempestivo e focalizzato.
È dunque logico che, a fronte di così evidenti benefici, crescano gli investimenti delle aziende in questo settore. La ricerca rileva che il 44% degli intervistati che già utilizzano la manutenzione predittiva incrementeranno le risorse a supporto di questa metodologia, mentre il 47% di essi amplierà il numero di macchine dotate di questa funzionalità. L’interesse è, inoltre, molto alto anche nelle imprese che ancora non la utilizzano. Poco meno della metà (47%) intende infatti introdurla in futuro.
L’affermarsi della predictive maintenance è un buon segnale dello stato di maturità del nostro sistema industriale. È indice di una visione sempre più orientata a considerare il processo produttivo in un’ottica “olistica”, dove ciascuna azione di ottimizzazione introdotta ha un impatto positivo sull’intera filiera. Se la consapevolezza è presente, l’augurio è che anche le politiche pubbliche a sostegno della transizione digitale sostengano le imprese fornendo incentivi per consolidare gli investimenti su quelle tecnologie data driven, come appunto la manutenzione predittiva, che possono incrementare il tasso di competitività del nostro tessuto industriale.