Secondo i dati diffusi da DESI, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società con cui la Commissione Europea monitora dal 2014 il progresso digitale degli Stati membri, il nostro Paese risulta agli ultimi posti per quanto riguarda il cosiddetto “capitale umano” con competenze digitali, ovvero quelle competenze professionali destinate sempre più a fare la differenza nel contesto economico-produttivo globale.
Sul totale della popolazione attiva, di età compresa tra i 16 e i 74 anni, solo il 42% degli italiani infatti possiede le competenze digitali di base, posizionandoci ben 16 punti percentuali al di sotto della media europea. Inoltre, solo il 22% degli italiani dispone di competenze digitali superiori (quando la media europea è del 33%).
Entrando poi nello specifico del contesto professionale delle telecomunicazioni (TLC) nel 2020 sul totale degli occupati gli specialisti, ovvero chi è in possesso di competenze specialistiche o è laureato in discipline TLC, risultano solo il 2,8%, anche in questo caso al di sotto della media UE del 3,9%.
Una pessima performance dovuta anche al fatto che sul totale dei laureati solo l’1% è in possesso di una laurea in discipline TLC.
Per quanto si tratti di numeri riferiti all’Italia nel suo complesso e che non tengono conto di effettive differenze territoriali che di fatto esistono, un quadro di questo genere però non può certo favorire la crescita economica del settore produttivo italiano basato su PMI che, anche per la carenza negli organigrammi di analisti di dati, informatici, matematici e di sistemisti, scontano un grave ritardo su quei processi di digitalizzazione necessari per stare al passo con i tempi e per continuare a sostenere il made in Italy.
Preso atto della situazione si sta cercando di correre ai ripari con una serie di strategie settoriali destinate a dare frutti nel medio periodo.
Innanzitutto, esiste un Piano Nazionale di Scuola Digitale (PNSD) orientato a promuovere progetti educativi sulle competenze digitali, con il nuovo obbligo per gli insegnanti della scuola primaria e secondaria di avere competenze di programmazione (Legge 15 del 20 dicembre 2019 – Decreto Scuola 2020).
Per quanto riguarda l’istruzione superiore sono state promosse, a livello nazionale, iniziative che agevolano e sostengono la formazione tecnica con particolare riferimento a progetti di innovazione tecnologica basati su stampa 3D, realtà virtuale e big data: la cosiddetta Formazione 4.0
Come si diceva qui sopra la realtà nazionale risulta purtroppo a macchia di leopardo, ma la buona notizia è che alcune iniziative locali possono diventare modelli esportabili su tutto il territorio nazionale come per esempio la neonata Fondazione per la Formazione Universitaria a orientamento professionale (FUP): un partenariato pubblico-privato* che connette mondo universitario e reti industriali del territorio (qui siamo soprattutto in Emilia-Romagna) per la progettazione, la promozione e la gestione di nuove lauree professionalizzanti.
Le lauree ad orientamento professionale sono infatti corsi di studio triennali fortemente incentrati proprio sulla formazione tecnica, pensati per formare personale qualificato e specializzato nei diversi settori dell’ecosistema produttivo. Non a caso, la collaborazione tra università ed attori del territorio per lo sviluppo della formazione professionalizzante è uno dei punti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), attualmente in fase di elaborazione da parte del Governo, e sostenuto da una parte delle risorse del Next Generation EU.
Tutte queste iniziative richiedono ovviamente un’infrastruttura digitale basata su reti di connessione veloci e capillari. Anche in questo caso l’indice DESI purtroppo ci registra agli ultimi posti della classifica ed è opportuno ricordare invece che la diffusione della Banda Ultra Larga è alla base dell’esistenza stessa di un’Industria 4.0, contesto entro cui si misurerà la competitività delle nostre imprese nell’immediato futuro.
In questo quadro dominato dal chiaro-scuro un ruolo decisivo lo assume chi siede nella sala comandi del Governo, con Ministri che dovrebbero avere una sensibilità alta su questi temi provenendo dal mondo industriale e dei servizi digitali.
Sciogliere presto e bene questi nodi significa lavorare concretamente per il futuro e per consolidare la nostra posizione di terza economia del Vecchio Continente.
* Sono partner del progetto: Università di Bologna, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università di Parma, Politecnico di Milano – Polo territoriale di Piacenza e Università Cattolica del Sacro Cuore – Campus di Piacenza sono i soci fondatori universitari, a cui si affiancano Confindustria Emilia Centro, Confindustria Piacenza, Confindustria Romagna, Unione Parmense degli Industriali, Unindustria Reggio Emilia e l’Associazione Scuola Politecnica ITS Emilia-Romagna.