L’Italia cerca di spingere sullo smart manufacturing, almeno nelle intenzioni. Dal governo arrivano segnali positivi, con la volontà di destinare parte dei fondi del Next Generation Eu al piano Transizione 4.0.
È lo stesso Ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ad aver posto l’accento sulla questione alla Camera. La strada è quella del credito d’imposta, alzando dal 12 al 20% quello previsto in Ricerca e Sviluppo, aumentando così i massimali e cercando di ampliare il numero di aziende che ne possano usufruire.
Ma come si finanzia? Dal ministero hanno ribadito che i fondi per garantire l’aumento del credito d’imposta saranno costituiti in parte dal Recovery Fund e in parte anche dagli stanziamenti per le politiche di coesione e dalla legge di bilancio.
Si potrebbe obiettare che tra stanziamento dei fondi, investimento e strategia attuativa ce ne passi. Ed infatti l’obiezione, specialmente in Italia, avrebbe senso. L’impatto della manovra non dovrà riguardare molte aree di progetto. Poche, ma ad alto impatto. Caratteristica essenziale sarà la spiccata voglia da parte delle aziende di innovare e rinnovarsi.
Perché investire nello smart manufacturing? Perché da quando è stato avviato un processo di sviluppo attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate e tecniche di analisi dei flussi di dati, la manifattura italiana ha iniziato a godere di significativi benefici, acquisendo ulteriormente vantaggi competitivi nei confronti dei mercati esteri.
La strada da percorrere è dettata dallo straordinario rapporto costi-benefici del settore manifatturiero. Questo, di fatto, è il segmento che è cresciuto maggiormente rispetto a tutto il contesto industriale grazie agli impulsi dalle nuove tecnologie. La digitalizzazione, la spinta IT, le politiche data driven e i nuovi strumenti di analisi e monitoraggio dei processi hanno permesso di garantire elevati standard di performance per la manifattura.
La manifattura, in parte, governa ancora il mondo.