Partiamo da un dato di fatto. Il mercato degli assistenti vocali è in fortissima crescita. A livello globale parliamo di 4,2 miliardi di dollari spesi in questi dispositivi nel 2020 che, secondo le stime, raddoppieranno entro il 2024.
A farla da padrona, manco a dirlo, due delle Big Tech: Amazon, con Alexa, e Google con Home. Sono loro che attualmente si contendono il ricco mercato.
Il perché di questo successo è presto detto: gli assistenti vocali semplificano la vita. La possibilità di utilizzare comandi vocali per conoscere le ultime notizie, avviare un brano o conoscere il tempo che ci sarà nella gita del week-end è certamente comodo. Il vero plus è naturalmente abbinato alla cosiddetta smart home. Parlando con questi device possiamo controllare pressoché tutti gli automatismi della nostra abitazione senza muovere un dito: illuminazione, condizionamento, riscaldamento, apertura e chiusure di tapparelle e così via.
Ora, se questo per molti è un lusso, per alcune categorie di persone diventa effettivamente un’opportunità per migliorare la qualità della propria vita. Si pensi, per esempio, a chi ha disabilità fisiche o alle persone anziane.
Detto degli indubbi vantaggi, apriamo il capitolo di come funzionano questi dispositivi che ci porterà ad alcune brevi riflessioni sui rischi connessi al loro utilizzo. Alexa, Google Home, Cortana (così come Siri sui device mobili di Apple), sfruttano il machine learning per implementare meccanismi di auto-apprendimento che avvengono nel cloud (i dispositivi presenti in casa fungono esclusivamente da “orecchie” e per la restituzione di alcuni servizi). L’auto-apprendimento è relativo sia al riconoscimento della nostra voce, che sarà via via sempre più preciso, sia alla memorizzazione delle nostre preferenze, per rispondere alle nostre richieste nel modo più affine ai nostri gusti. Un esempio semplice ma chiaro: se chiederò al mio assistente vocale quali film sono in programmazione in serata nella mia città, la risposta si orienterà sui generi che ho privilegiato storicamente. Sostanzialmente è lo stesso meccanismo attraverso il quale Netflix con la nuova funzione “risparmia tempo” vedi qualcosa, seleziona per noi i film che pensa ci possano piacere di più.
Per imparare a conoscerci e risponderci a tono, gli assistenti vocali memorizzano tutta la nostra relazione con loro. Ed ecco che si apre un primo quesito. Le nostre informazioni immagazzinate come sono conservate? Da chi precisamente? Siamo certi che l’utilizzo che ne viene fatto sia esclusivamente per migliore il livello di servizio offerto? Da una ricerca realizzata da PWC, uno dei motivi che determinano ancora la resistenza all’acquisto massivo degli assistenti vocali è proprio la riluttanza nell’affidare la propria comunicazione domestica a un server in backend installato in qualche parte remota del mondo.
Esiste, inoltre, anche il fenomeno del passive listening. I dispositivi sono sempre all’erta, non solo quando vengono attivati dalla parola d’ordine. In un articolo di qualche tempo fa il New York Times titolava: “Amazon’s Alexa Never Stops Listening to You. Should You Worry?”. Gli assistenti vocali, in fondo, sono come un bambino distratto che, pur sentendo un’intera conversazione, si attivano solo alla parola “gelato” e, solo da quel momento, dedicano al flusso di parole la giusta concentrazione. Non è raro che tali dispositivi si animino improvvisamente. Chiunque di noi ha esperienze, dirette o indirette, di attivazioni a sorpresa, per esempio di Siri, anche senza aver pronunciato il termine di sblocco della funzione (allo scrivente è successo più di una volta).
Senza fasciarsi la testa, e ricordandosi i benefici legati all’utilizzo degli assistenti vocali, esistono poi i rischi connessi all’uso di qualsiasi device connesso in rete: violazione del dispositivo dall’esterno, sfruttamento dello stesso come “ponte” per effettuare violazioni informatiche, fenomeni di ramsomware.
Detto ciò, gli scrupoli da utilizzare sono sempre i medesimi. Li possiamo sintetizzare, per capirci, nell’esempio più che ovvio di non affidare a questi assistenti vocali il compito di ricordare la password del vostro conto bancario.
Vantaggi e rischi, dunque, come spesso accade con le tecnologie digitali. È vero, gli assistenti vocali sono “spie” che vivono sotto i nostri tetti. L’auspicio è che siano spie buone, una sorta di 007 pronti ad aiutarci nel momento del bisogno. Sta a noi, in larga parte, fare in modo che sia così.