Tra le prime cento aziende familiari più antiche al mondo, quindici sono italiane. Cinque di queste – Fonderie Pontificie Marinelli, Barone Ricasoli, Barovier & Toso, Torrini e Marchesi Antinori (tutte fondate tra l’anno 1000 e il 1300) – sono tra le dieci aziende familiari più antiche tuttora in esercizio.
Ma, nel fare impresa, l’assetto familiare può sempre essere considerato una ricchezza, oppure rappresenta una sfida che può ostacolarne la crescita?
Secondo i dati dell’Associazione italiana delle aziende familiari (aidaf.it), in linea con quanto succede nel resto d’Europa, le imprese di famiglia italiane con un fatturato superiore ai 20 milioni di Euro l’anno sono il 65% del totale delle attività produttive (percentuale che cresce fino all’85% se calcoliamo anche le aziende con un fatturato inferiore ai 20 milioni).
Con oltre 2milioni e 400mila lavoratori ed un fatturato complessivo di 730 miliardi rappresentano senza dubbio una risorsa per il Paese, confermata anche da lusinghieri risultati in termini di occupazione (+ 21% negli ultimi 6 anni), migliori performance di crescita (+47,2% negli ultimi 10 anni, contro il 37,8% delle altre imprese), un minore indebitamento e una più alta redditività rispetto alle altre tipologie di impresa.
Le aziende familiari inoltre rappresentano numericamente circa quasi il 60% del mercato azionario italiano (che vede quotate complessivamente circa 290 aziende), e pesano per oltre il 25% della sua capitalizzazione.
Se per quanto riguarda la percentuale di aziende di famiglia rispetto al totale la situazione italiana è in linea con la media europea, si registra invece una grande differenza nel ricorso a manager esterni. In Italia, infatti, nel 66% dei casi il management è composto da eredi e familiari, mentre in Francia questo riguarda solo il 26%, ed in UK scende ulteriormente fino al 10%. A questa “ingombrante presenza in CdA” e ad altri fattori legati al passaggio generazionale molto spesso sono ascrivibili le principali difficoltà delle imprese familiari.
Uno studio statistico fatto realizzare da Banca Mediolanum ha registrato che storicamente solo il 30% delle aziende familiari sopravvive al suo fondatore, mentre quelle che riescono ad arrivare alla terza generazione sono il 13%: un quadro che presenta dunque discrete possibilità di miglioramento soprattutto se, anche alla luce dell’allungamento della vita media e all’unione di più generazioni nello sviluppo aziendale, sarà possibile raccogliere le nuove sfide del mercato globale dell’innovazione e della sostenibilità.
Stando alle proiezioni Eurostat avremo un incremento del 40% degli over 65 entro i prossimi due decenni e questo (a differenza del passato) renderà inevitabile la convivenza di diverse generazioni della stessa famiglia nel management delle imprese, in una prospettiva fatta di equilibri tra esperienza, tradizione e innovazione, che vedrà sempre più integrarsi famiglia, patrimonio e business con qualche sfida da tenere in grande considerazione.
Come per ogni ragionamento di carattere “evoluzionistico” vale la pena scomodare Darwin il quale aveva già dimostrato, in tempi non sospetti, come non sia la specie più forte o quella più intelligente a sopravvivere, bensì quella più veloce ad adattarsi al nuovo contesto (di “agire agile” nelle imprese abbiamo già parlato anche qui).
Ci sono a questo proposito opportunità formative di qualità orientate all’industria 4.0 e alle sfide della sostenibilità. Esistono strumenti finanziari e di accesso al credito per finanziare lo sviluppo dell’impresa senza essere costretti a cedere l’azienda. Possiamo contare su formule statutarie per prevenire ed evitare quelle situazioni di impasse con soci al 50% e pari potere decisionale che finiscono per congelare e cronicizzare momentanee situazioni di difficoltà. Anche l’ordinamento giuridico prevede a livello di normativa civilistica disposizioni di favore, tra cui l’art. 3 comma 4-ter del “Testo Unico successioni e donazioni” che prevede l’esenzione di imposta su successione e donazione “in determinate condizioni di trasferimenti di aziende, rami di azienda, quote e azioni sociali a favore dei discendenti e del coniuge”.
Il vero fattore critico di successo dipende però da alcuni elementi chiave, ovvero la capacità di queste imprese di dotarsi di un regolamento chiaro per la governance (in grado di distinguere l’impresa dalla famiglia) e di condividere a livello intergenerazionale mission, obiettivi e piani d’azione, magari con il supporto di professionalità esterne al nucleo familiare.
Il rispetto di questi principi generali potrà favorire la continuità generazionale e, di conseguenza, solidità, crescita e ricchezza.